mercoledì 26 dicembre 2012

L’Inter “provinciale” almeno vinceva!

<<L’Inter vince, ma ha un gioco da “provinciale” per puntare allo scudetto>>, si diceva questo della squadra di Stramaccioni quando, nel mese di ottobre, pensava solo a vincere, conquistare i 3 punti e mirare al terzo o al  secondo posto. La serie vincente inizia a Verona: l’Inter vince 2 a 0 ma non gioca un bel calcio, tutt’altro. Stessa cosa nelle partite contro Milan, Catania, Bologna, Sampdoria e Fiorentina, alle volte con un bel gioco gestito da un tridente in cui il capocannoniere era diventato Cassano con Palacio e Milito che segnavano, facevano assist e aiutavano la squadra, oltre ad una difesa solidissima, formata da Samuel, Ranocchia e Juan Jesus.
L’Inter iniziava a pensare allo scudetto, nonostante venisse chiamata “provinciale” proprio per il gioco, spesso poco convincente.

Il 3 novembre per l’Inter arriva la partita che poteva davvero metterla in gioco per la vittoria del campionato. Allo Juventus Stadium nessuno aveva vinto e la Juve era sempre prima, con una notevole qualità nel gioco e nei singoli. Stramaccioni schiera il tridente e la difesa a 3. Una mossa azzardata che però ha stupito tutti: 3 a 1 allo Juventus Stadium, la prima sconfitta in casa dei bianconeri nella storia del nuovo stadio.

L’Inter esce da quella vittoria con la certezza di puntare allo scudetto e di aver trovato un buon gioco.
Dopo la partita con la  Juventus, invece, l’Inter torna peggiorata, sia fisicamente che nel gioco. Su 5 partite ne vince 2, contro Palermo e Napoli, mentre pesanti sono le sconfitte contro Parma e Atalanta, oltre al pareggio con il Cagliari. Perde giocatori importanti come Samuel, in difesa, con un conseguente spostamento di Cambiasso che da mediano diventa centrale difensivo  poiché Silvestre non convince, Cassano viene squalificato, si infortunano anche  Guarin, Obi, Mudingayi e Alvarez, oltre ai soliti Stankovic, Chivu e a Sneijder, considerato ormai in partenza a Gennaio. Dopo alcune partite in cui Stramaccioni aveva reimpostato il modulo 4-3-1-2, il modulo che preferisce ma che non riesce mai a convincere, torna a schierare la difesa a 3 contro il Napoli. Finisce 2 a 1 e sembra rivedere una squadra pronta a inseguire concretamente la Juventus.

Contro la Lazio l’Inter sbaglia ancora e, nonostante una notevole reazione nel secondo tempo da parte dei nerazzurri, esce dall’Olimpico sconfitta 1 a 0.

Ancor più deludente è la partita con il Genoa: come contro la Lazio, l’Inter gioca male il primo tempo e continua con quest’andamento anche la prima mezz’ora del secondo, con il conseguente gol di Immobile. Riesce poi a pareggiare con Cambiasso al 40’ fino ad arrivare ad esser vicinissima a conquistare la vittoria con un clamoroso errore di Livaja negli ultimi minuti della partita. Il pareggio in casa contro la penultima in classifica ha tolto completamente l’idea di essere l’antagonista della Juventus, detentrice dello strapotere di questo campionato che, probabilmente, ha già un vincitore.
Una squadra che deve migliorare su tutti i reparti, ma anche “regredire”, o per lo meno far tornare l’Inter la “provinciale vincente”, che, sognante di grandi obiettivi, pensava solo a vincere.

mercoledì 21 novembre 2012

Il Re Lucertola e le porte della percezione. (parte 1)


di Bianca Fusco

Jim Morrison: un nome che vive ancora nell’immaginario collettivo di molti, una leggenda, un mito.
Insieme ai Doors riscattò un’intera generazione ed ebbe un successo straordinario nella scena anni ’60, quando i giovani credevano ancora nella musica e pensavano che grazie ad essa si potesse davvero cambiare qualcosa. Ma mentre la maggior parte dei loro contemporanei indossava fiori nei capelli e predicava la pace e l’amore, i Doors esploravano il lato più oscuro della psiche umana e cantavano di sesso e morte, con la loro musica che apriva nuovi orizzonti e rappresentava un mondo selvaggio e sensuale.


Il gruppo fu concepito quando Jim Morrison e Ray Manzarek (tastierista) si incontrarono nella calda estate del 1965 sulla spiaggia di Venice, ai tempi in cui entrambi avevano terminato gli studi presso la UCLA di Los Angeles. Quando Manzarek seppe che Morrison avrebbe voluto chiamare la band The Doors pensò che fosse un nome ridicolo, finchè non si rammentò della citazione di William Blake (ispirata al libro di Aldous Huxley “Le porte della percezione”, che trattava l’argomento dell’espansione mentale mediante l’uso di allucinogeni): “ Se le porte della percezione fossero purificate, ogni cosa apparirebbe all’uomo come realmente è: infinita”.
I Doors iniziarono la loro carriera come rock’n’roll band in alcuni squallidi locali del Sunset Strip, finchè non vennero messi sotto contratto dall’Elektra Records.
Il loro primo album, “The Doors”, fu pubblicato nel gennaio del 1967 e contiene alcune delle canzoni più note della band, dalla più commerciale “Light My Fire” alla storica e immortale “The End”. Fu proprio quest’ultima che consacrò la band come una delle più amate nel panorama rock’n’roll degli anni ’60. Secondo Morrison la registrazione di questo pezzo fu un punto di svolta per i Doors. <<”The End” è un dramma che parla dell’imminente fine di un rapporto; un’esperienza catartica, un racconto epico psicosessuale che termina con un parricidio e un incestuoso amore edipico. E’ rock ispirato a James Joyce, con un testo da “flusso di coscienza”. La canzone è strutturata come un edificio, non c’è storia all’inizio, solo un fondamento di immagini di decadenza. La canzone suggerisce una psiche invasa dalla paura del sesso, della violenza e della morte. Le immagini della canzone sono universali, perché essa possa essere qualunque cosa tu desideri che sia. “The End” è un brano senza tempo… fu allora che realizzammo di essere un gruppo diverso da tutti gli altri. Stavamo suonando musica che sarebbe sopravvissuta per anni, non settimane>>. Il pezzo fu anche usato come colonna sonora nel film “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola.
L’arte di Morrison era grandemente influenzata dalla corrente surrealista, che rifiuta i valori e le convenzioni tradizionali tentando di esprimere l’inconscio, presentando immagini in una sequenza casuale anziché ordinata. Questo concetto venne accolto anche da Rimbaud, poeta francese amatissimo da Jim Morrison. 

sabato 17 novembre 2012

Il derby d'Italia è storia


Dai primi derby d'Italia fino agli inizi del '60: ecco le origini della rivalità fra queste due grandi squadre che hanno fatto la storia del calcio nel mondo.


Era il lontano 14 dicembre 1913: girone lombardo-piemontese, la Juventus era nata da una quindicina d’anni e l’Inter da soli 5. La partita finisce 7 a 2 per i bianconeri:  segnano per la Juventus Dalmazzo, Girodi e Bona, che fecero doppietta, e Payer ;per l’Inter , Cevenini III e Bavastro II; non esisteva ancora alcun big-match o lotta scudetto, poiché il torneo lo vinse il Casale, sicuramente il calcio era tutt’altro rispetto ad oggi.

Il 17 gennaio del ’32 la partita iniziò ad acquisire un minimo valore, merito soprattutto della Juventus e dell’Inter che stavano iniziando a vincere i primi campionati. Anche questa finì con una “goleada” bianconera: 6 a 2, lo stesso anno conquistarono il quarto scudetto.

Negli anni ’50 iniziano le grandi partite fra Inter e Juventus, merito soprattutto di un calcio che si era molto evoluto e stava iniziando a mostrare i suoi primi campioni e da una rivalità che accresceva sempre più in tutta Italia.
Il campionato 1950-1951 fu uno dei primi in cui si vide la lotta scudetto tra Inter, Juve e Milan.
A meno di un mese dalla fine del campionato, la Juventus era prima, dietro il Milan ad un solo punto di lunghezza  e l’Inter a due. Il 22 aprile si presenta la partita decisiva per l’esito del torneo: Juventus-Inter.
In quella Juventus militavano giocatori diventati celebri come Boniperti, Praest, Carlo Parola, Karl Hansen. L’Inter risponde con giocatori, sicuramente meno celebri, come Nyers e Wilkes, l’olandese definito il predecessore di Johann Cruijff.
La partita finì 2 a 0 per i nerazzurri (http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=oxe2vZby4QE#!). Il campionato lo vinse il Milan, trascinato dai gol di Nordahl, secondo l’Inter e terza la Juventus; furono questi gli anni in cui iniziò la storica rivalità fra queste tre squadre.

Gli anni ’60 segnano l’effettiva rivalità fra i tifosi bianconeri e nerazzurri in cui si ricordano tutt’ora le grandi vittorie, i grandi giocatori e anche le prime polemiche fra le due società.
Il 16 aprile 1961 la grande sfida si giocò a Torino: questa partita fu l’inizio di tutte le aspre polemiche fra le società e tifosi. Erano gli anni in nerazzurro in cui l’allenatore era Herrera e il presidente Angelo Moratti, la JuventusSuccesse che durante la partita a causa di una invasione di campo da parte di un gruppo di tifosi, senza biglietto, si dovette sospendere la partita. Successivamente l’Inter vinse la partita a tavolino. La Juventus, allora, fece ricorso alla CAF che ordinò di far giocare la gara. Ciò fece infuriare la società nerazzurra accusando Umberto Agnelli, in quanto ricopriva anche il ruolo di presidente della FIGC. La partita si giocò il 10 giugno, la Juventus aveva già vinto il campionato e i nerazzurri, per protesta, decisero di schierare in campo la primavera; finì 9 a 1 per i bianconeri con 6 gol di Sivori e il primo di Sandro Mazzola, appena diciottenne, su rigore per l’Inter. Fu anche l’ultima partita di Giampiero Boniperti, storica bandiera juventina. con giocatori come Omar Sivori e Boniperti, che giocava la sua ultima stagione, e Umberto Agnelli in presidenza. La Juve era prima a quattro punti di distacco dalla seconda, ovvero l’Inter.

Stefano Nyers, autore della doppietta vincente per l'Inter nel '51, e Praest, stella juventina

giovedì 1 novembre 2012

LA STORIA DEL ROCK #1(introduzione)


Questo è il primo articolo della rubrica “Storia del Rock”, ma, per varie ragioni, inizieremo dalle origini del blues. 

Gli schiavi neri che  arrivarono nel Nuovo Continente portavano con sé un modo di fare musica affatto diverso da quello europeo. Le melodie sembravano alle nostre orecchie stonate e così erano, almeno per i nostri canoni. Infatti la musica africana non si basa su una scala musicale temperata, ovvero su intervalli ben definiti e eufonici, ma è molto più arbitraria. L’uso delle percussioni era inoltre molto più importante che nella musica occidentale, e il senso del ritmo “alterato”. Questa musica incontrò la cultura europea con i suoi strumenti, nel blues gli strumenti sono dunque chitarre e, talvolta, strumenti a fiato, ma anche strumenti di origine africana come tamburi e banjo. I braccianti neri, però, cantano, ancor prima di suonare: nei campi nasce infatti il prototipo del  blues, che si esprime nei “work song”, i canti di lavoro.  La struttura di questa nuova musica si articola in dodici battute che girano attorno a tre accordi ( I-IV-V grado della tonalità). La scala che questa musica usa non è, come abbiamo detto prima, la scala temperata, bensì la scala blues, che deriva direttamente dalle scale pentatoniche(ad esempio la scala pentatonica minore di sol è sol-si bemolle- do- re- fa, mentre la scala blues di sol è sol-si bemolle- do- re bemolle- re- fa). Cliccando il seguente link, potete sentire un esempio di blues con la classica struttura su  12 battute, e il call and response(chiamata e risposta), altra peculiarità del blues, in questo caso tra il cantante e la sua chitarra: http://www.youtube.com/watch?v=oYsB3KqJMss

Dai canti degli schiavi neri, si svilupparono due generi di musica: una religiosa, ovvero ispirata alla religione dei padroni,e una profana. I canti religiosi diventeranno poi il gospel, mentre i canti profani, sulla schiavitù, l’amore et cetera, diventeranno il blues. Qui un esempio di musica a carattere religioso, eseguita dal leggendario Louis Armstrong:  http://www.youtube.com/watch?v=SP5EfwBWgg0

Francesco Salmeri

domenica 28 ottobre 2012

Intervista ad Emilio De Leo


Emilio De Leo ci ha concesso il suo prezioso tempo con questa intervista. Il giovane allenatore napoletano è passato dalla Cavese, squadra di terza categoria con cui ha ottenuto eccellenti risultati, al posto di vice-allenatore della Serbia. Siamo felici di pubblicarla, in quanto crediamo che il Coach sia un modello per chiunque voglia approcciarsi a questo grande sport che è il calcio.

Qual è il suo modulo "preferito" e quale la sua filosofia di gioco?
"4-2-3-1 e 4-3-3, ma non ho l'assillo del sistema di gioco rigido, anzi m'intriga tanto lavorare sui principi tattici della linea difensiva a 3."
I suoi traguardi dalla prima squadra fino all'arrivo in Serbia come vice di Mihaijlovic...
"Essere creativo e dimostrare professionalità e competenza sempre ma con estrema umiltà."
Pensa che il calcio, soprattutto italiano, stia iniziando a dare a tutti la possibilità di intraprendere una carriera come la sua? Intendo quindi chi non ha avuto una carriera da calciatore, ad esempio.
"Non lo so, lo spero tanto, ma non dipende dai giovani allenatori che cercano di mettercela tutta giorno dopo giorno ed in tutte le categorie: dipende dalle istituzioni calcistiche. La meritocrazia è un diritto sacrosanto per tutte le categorie lavorative."
Dopo questo grande traguardo, ha già altre ambizioni per il futuro?
"Superata una tappa, se ne scorge all'orizzonte subito un'altra... per quanto mi riguarda, devo fare ancor meglio e dimostrare di poter essere d'ausilio al primo allenatore in modo sempre più concreto."
Il suo consiglio per chi voglia intraprendere una carriera da allenatore già da giovane età: cosa si dovrà aspettare e su cosa deve puntare?
"Studiare tutto ciò che può aprirci la mente,studiare, studiare e farlo con umiltà ed in silenzio, e poi, sperimentare in campo mettendosi in gioco a tutti i livelli, con tutte le differenti classi di età e non tralasciando mai nulla; curare sempre i rapporti interpersonali, mirare alla vittoria superando la cultura dell'alibi."

Alessandro Triolo, 28/10/12

De Leo (a sinistra) con Mihajlovic



venerdì 26 ottobre 2012

Benvenuti

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